Ci mangiamo le foreste?
Le foreste costituiscono poco più del 30% delle terre emerse e sono ecosistemi fondamentali per garantire il benessere dell’uomo e del pianeta. Di per sé le foreste, così come altri ecosistemi, ci danno accesso a servizi che abbiamo imparato a sfruttare e da cui traiamo aspetti positivi: lo stesso legname e la carta sono servizi ecosistemici; la biodiversità, che forse è un servizio e ha un valore meno tangibile; la capacità di regolare il clima e di immagazzinare carbonio.
L’aumento del consumo di carne, così come la richiesta di legname e di altri beni che derivano dalle foreste, non consentono di rispettare i naturali ritmi di rigenerazione della foresta. Il sovrasfruttamento si sta traducendo in una perdita di foreste via via sempre più rapida.
In questo articolo vorrei spiegarti il ruolo che alcuni alimenti hanno sulla deforestazione.
In che modo uomo e ambiente sono connessi?
Il concetto One Health riconosce che la salute degli esseri umani, degli animali domestici e selvatici, delle piante e dell’ambiente in generale (compresi gli ecosistemi) sono strettamente collegati e interdipendenti.
Uno degli esempi più immediati, e che stiamo tuttora affrontando, richiama alla mente la pandemia da Covid. Le zoonosi, malattie trasmissibili da animale a uomo, sono uno degli esempi più lampanti di come uomo, animale e ambiente si intersecano. Ma le stesse azioni di deforestazione possono compromettere la fertilità del suolo, la sua capacità di trattenere acqua, si modifica il clima sovrastante le aree deforestate determinando eventi che possono danneggiare le colture, determinando una drastica riduzione del raccolto. Tutto questo, oltre a tradursi in insicurezza alimentare, colloca le popolazioni di alcune parti del mondo, ad accedere a diete poco sane con conseguenti danni alla salute a causa della malnutrizione. Ancora una volta viene quindi confermata la relazione tra uomo e ambiente, e in questo caso le conseguenze coinvolgono entrambi.
Quali sono gli alimenti maggiormente coinvolti?
In uno studio pubblicato su Global Environmental Change, Pendrill et al. si sono chiesti dove stiamo perdendo le foreste e quali attività sono responsabili di questa perdita. Trovare risposta a queste domande consente di indirizzare gli sforzi verso settori, prodotti o paesi specifici e che hanno impatti maggiori.
La carne di manzo, la soia e l’olio di palma sono responsabili del 60% della deforestazione tropicale.
In realtà la carne di manzo ha il ruolo predominante: l’espansione dei pascoli per allevare il bestiame è responsabile del 41% della deforestazione tropicale, 2,1 milioni di ettari ogni anno. La maggior parte di questa terra convertita si trova in Brasile. Il bestiame è responsabile della deforestazione anche in altre parti dell’America Latina, come in Argentina e in Paraguay, l’11% del totale. La maggior parte della deforestazione per la carne bovina si verifica quindi in America Latina, e un 4% in Africa.
L’olio di palma e la soia spesso rivendicano i titoli dei giornali per il loro impatto ambientale. Sono classificati come “semi oleosi”, che includono anche una gamma di prodotti più piccoli come girasole, colza e sesamo. Sono responsabili del 18% della deforestazione. Mentre molte persone pensano immediatamente a prodotti alimentari come il tofu o il latte di soia, la maggior parte della produzione globale di semi di soia viene utilizzata come mangime per il bestiame o come biocarburante. Solo il 6% viene utilizzato per il cibo umano diretto.
Se aggiungiamo il terzo fattore trainante – i prodotti forestali, cioè soprattutto carta e legname – allora copriamo quasi i tre quarti.
Un altro alimento responsabile della deforestazione è il cacao: oltre il 70% del cacao mondiale proviene dall’Africa occidentale. I sistemi tradizionali di produzione del cacao sfruttano l’agroforestazione: il cacao viene coltivato sotto altri alberi, rendendo pertanto difficile anche la stima di deforestazione causata da queste piantagioni.
Tuttavia, studi recenti mostrano che l’aumento della deforestazione è attribuibile alla modifica della coltivazione di cacao che ora avviene a pieno sole, provocando quindi la rimozione della maggior parte o della totalità degli alberi presenti in natura. Le stime suggeriscono che l’Africa occidentale abbia perso 2,3 milioni di ettari di foresta a causa della coltivazione del cacao tra il 1988 e il 2007.
Il cacao dell’Africa occidentale, infatti, è un raccolto destinato quasi esclusivamente ai mercati di esportazione, mentre il consumo interno di cioccolato nell’Africa occidentale è minimo: questo spiega come la deforestazione sia in parte attribuita alla crescente domanda globale di cacao e cioccolato.
Per quanto riguarda il caffè dati FAO stimano che la produzione di caffè utilizzi 10,5 milioni di ettari, il che mostra un calo dei terreni coltivati a caffè rispetto a un decennio fa. Ciò che queste stime non descrivono è lo spostamento delle aree di produzione, ad esempio, dalle basse quote alle quote più elevate che sono per lo più composte da foreste. Con il cambiamento climatico, infatti, la produzione di caffè si sta lentamente spostando verso regioni più adatte, conle altitudini più elevate, il che mette a rischio le aree forestali. Pertanto, la crescente domanda di caffè potrebbe portare a livelli più elevati di cambiamento dell’uso del suolo o di deforestazione, esacerbando gli effetti delle emissioni e del cambiamento climatico.
E le soluzioni?
- Nel 2007, l’Argentina ha emanato una “legge forestale” nazionale che impone ai governi locali di regolamentare l’espansione dell’agricoltura su larga scala e di stabilire pratiche per proteggere le foreste native. Tuttavia, i governi locali non sono stati in grado di far rispettare la legge in alcune zone protette, alcune delle quali hanno effettivamente registrato un aumento della deforestazione anche dopo l’approvazione della legge.
- L’Indonesia è attualmente al centro degli sforzi di conservazione perché è una delle aree con maggior tasso di deforestazione. Un numero crescente di consumatori ha iniziato a richiedere prodotti a base di olio di palma che non siano associati alla perdita di foreste e l’Unione Europea è diventata sempre più attenta a evitare le importazioni di prodotti forest-risk, in particolare per i biocarburanti.
Negli ultimi anni la deforestazione attribuita alle piantagioni di palme da olio in Indonesia, Malesia e Papua Nuova Guinea si è ridotta.
- A settembre 2022 la Commissione per l’ambiente del Parlamento europeo ha adottato la proposta di un regolamento sui prodotti privi di deforestazione con l’obiettivo di fermare la deforestazione globale guidata dall’UE. Le ultime stime FAO confermano che 420 milioni di ettari di foresta sono andati persi per la deforestazione tra il 1990 e il 2020 e stima che il consumo dell’UE rappresenti circa il 10% della deforestazione globale. Pertanto, risulta evidente come un intervento dell’Europa per contrastare attivamente il fenomeno sia necessario. La nuova legge rende obbligatoria per le aziende la verifica che i beni venduti nell’UE non siano stati prodotti su terreni deforestati o degradati. La proposta della Commissione riguarda il bestiame, il cacao, il caffè, l’olio di palma e il legno, compresi i prodotti che contengono, sono stati nutriti o sono stati realizzati utilizzando questi prodotti (come pelle, cioccolato e mobili), e la gomma.
Bibliografia:
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